Umbria. Mercurio nel Paglia: il riferimento è ai giacimenti minerari dell'Amiata

Ordinanza di divieto di pesca per consumo alimentare nei tratti del fiume Paglia emessa dai Comuni umbri di Orvieto, Allerona e Castel Viscardo Sembra proprio non esserci pace per il martoriato lembo di terra costituito da Amiata, Alfina e Tuscia, diviso amministrativamente tra Toscana, Umbria e Lazio e le province di Siena, Terni e Viterbo, ma accomunato territorialmente dal bacino idrografico del fiume Paglia e dei suoi affluenti fino allo sbocco, nei pressi di Orvieto, nel Tevere, e geologicamente dall’origine vulcanica con le relative manifestazioni geotermiche. Dopo il terremoto che ha colpito la zona nella tarda serata del 30 maggio e i dubbi, sollevati da più parti, su possibili connessioni tra attività geotermica e movimenti tellurici e la domanda se sia il caso di effettuare trivellazioni e istallare centrali in una zona geologicamente instabile e soggetta a attività sismica proprio per la sua natura vulcanica, arriva la notizia dell’ordinanza di divieto di pesca per consumo alimentare nei tratti del fiume Paglia emessa dai Comuni di Orvieto, Allerona e Castel Viscardo. Alla base dei provvedimenti, la presenza di mercurio nei sedimenti del fiume rilevata da Arpa e Usl Umbria 2; in una riunione dello scorso 13 maggio è emersa la necessità di procedere ad ulteriori controlli sui prodotti di pesca lungo il tratto umbro e la necessità «di una attività di monitoraggio per ulteriori controlli analitici (metalli pesanti e sostanze organoalogenate) su prodotti pesca presenti nel fiume Paglia». La questione dell’inquinamento causato dal mercurio non è nuova a Orvieto e dintorni. Già durante l’alluvione del 2012 era emersa la presenza di metallo, messa in collegamento con le miniere del monte Amiata da cui si estrae il cinabro e da dove si origina il fiume Paglia. Ma allora la società Acea, che gestisce la discarica “Le Crete” e anche l’Arpa, avevano escluso qualsiasi collegamento tra il mercurio presente nelle acque e i reflui del percolato della discarica. Anche al convegno sulla cosiddetta “buona geotermia” del 30 e 31 gennaio di Abbadia San Salvatore la dottoressa Costagliola, aveva riferito sul monitoraggio ambientale del mercurio nell’Amiata. “L’inquinamento, aveva specificato la ricercatrice, è diffuso in tutto il fiume Paglia e nel Tevere fino al lago di Alviano, che costituisce una barriera e un sito di deposito, scorrendo in concentrazioni ridotte fino alla foce. Sperimentalmente si sono studiate le concentrazioni di mercurio nelle cortecce degli alberi del Monte Amiata, confrontandole con quelle di una zona priva di inquinamento come Monte Morello, nei pressi di Firenze”. Ora, invece, sembrerebbero emergere nuovi e inquietanti particolari. «I valori che ci sono nei pressi del Paglia e in prossimità della discarica sono al livello di guardia massimo e a volte superano quei livelli di guardia. In alcuni punti è 10 volte superiore alla soglia consentita.  Su quei dati serve chiarezza», afferma Valentina Bianchini del comitato #SaveOrvieto. Alcuni studi e analisi indipendenti, condotte sulla presenza di mercurio sul monte Amiata, ipotizzano che a 35 km di distanza dalla miniera di Abbadia San Salvatore, nel tratto di fiume Orvietano, il particolato di mercurio primitivo che sta in acqua potrebbe modificarsi in mercurio solubile e che, a sua volta, potrebbe ritrasformarsi e ricombinarsi con altri elementi esistenti nel fondo del fiume e nelle acque ed entrare, così, nella catena alimentare. La preoccupazione si associa alla denuncia che chi doveva vigilare non lo ha fatto e che queste concentrazioni nelle acque del fiume, così come nell’aria, possano essere più pericolose di quanto si creda per la salute dell’uomo. «Ora è importante bloccare tutti gli interventi e i progetti potenzialmente dannosi in prossimità del fiume Paglia – dicono da SaveOrvieto – vista la già compromessa situazione del nostro territorio». E intanto per cercare di far luce sulla situazione, al consiglio regionale di martedì l’assessore all’ambiente Fernanda Cecchini dovrà rispondere alle varie interrogazioni presentate. “Tale denuncia, afferma Andrea Liberati di M5S, è stata possibile grazie all’emersione di documenti di rango accademico internazionale di cui né la Marini (presidentessa della Regione Umbria n.d.r.), né Arpa Umbria hanno mai parlato, sebbene fossero disponibili da anni». E’ appena il caso di ricordare, visto che le acque dei fiumi non si fermano ai confini di regione e di provincia, l’opportunità, per non dire la necessità, di un raccordo tra studi e indagini delle Agenzie regionali per il controllo ambientale interessate.


Fonti. www.umbriaon.it 02/06/2016

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