Redazione. Perché lo psicologo non dà consigli?

Rubrica “Altro punto di vista” Alcune volte le persone cercano dallo psicologo una soluzione immediata ai problemi e arrivano con domande del tipo: “Lei che ne pensa? Faccio bene a dire a mia moglie che l’ho tradita?” La richiesta di consigli del genere a uno psicologo è molto frequente. Uno psicologo che non dà consigli si attiene a quanto stabilito dal Codice deontologico, nel punto in cui sottolinea come lo psicologo sia tenuto ad astenersi dall’imporre il suo sistema di valori: se consigliamo a un paziente di fare o non fare una cosa, lo stiamo di fatto spingendo a utilizzare il nostro personale punto di vista sulle cose, ad adeguarsi ai nostri schemi mentali e ai nostri obiettivi. Ad esempio a una paziente che mi chiedesse se dovrebbe accettare o meno di uscire con una collega di lavoro all’estero non potrei che rispondere sulla base delle mie idee quanto a famiglia, lavoro, idee che potrebbero essere diverse dalle sue e non rispecchiare la sua scala di valori, il suo stile di vita, i suoi obiettivi. Il consiglio potrebbe essere in definitiva inadatto a quella persona o addirittura sbagliato, dato che lo psicologo è privo di sfera di cristallo e non prevede il futuro. Usando una metafora è come se una persona ci regalasse un vestito scelto non pensando a noi ma pensando a se stesso, inizialmente ci potrebbe anche andare bene ma poi dopo poco ci potremmo accorgere che non è adatto a noi e che non ci calza come vorremmo. Che fare? Spesso dare consigli è inutile, perché in quel momento l’altro non è capace di ascoltarli né riesce ad accoglierli. Su questo aspetto è sufficiente considerare tutte le volte in cui qualche amico ci ha chiesto cosa fare (un classico è se lasciare la fidanzata oppure no) e poi ha pensato bene di trascurare i nostri consigli, per quanto fossero un concentrato di saggezza. La mente ha bisogno del suo tempo e della sua libertà e un consiglio corretto dato in un momento che non è quello giusto è di fatto inutilizzabile. Usando un’altra metafora, dare consigli è come cercare di aprire una porta con una bellissima chiave che è però di un’altra serratura. Inoltre dando consigli lo psicologo si sostituisce al paziente nel prendere una decisione e risolve un dubbio al posto di quest’ultimo, col risultato che il paziente probabilmente chiederà ulteriori consigli e considererà lo psicologo come un padre onnisciente e se stesso come un bambino piccolo incapace di muoversi nel mondo da solo. Da questo punto di vista dare consigli genera una dipendenza antiterapeutica e fa sentire il paziente ancora più inadeguato e bisognoso. Non consigliare durante un percorso di terapia aiuta a: sviluppare nuovi punti di vista da cui guardare se stesso e il suo modo di essere nel mondo; sviluppare nuove abilità per risolvere da sé i suoi problemi e vivere meglio; mettere a frutto le risorse che possiede e che forse ignora o usa male; ampliare il campo delle possibilità di vita, in termini di azioni, emozioni, pensieri, relazioni; e soprattutto accogliere ciò che non può essere cambiato. In definitiva, uno psicologo lavora affinché il paziente sia capace di camminare sulle sue gambe. A questo riguardo a me viene sempre in mente il proverbio cinese Dai un pesce a un uomo e lo nutrirai per un giorno. Insegnagli a pescare e lo nutrirai per tutta la vita. Dare consigli non accresce la conoscenza che di sé ha il paziente, non aiuta il paziente a cambiare né a costruire degli strumenti che lo rendano autonomo. Dandogli consigli, il paziente non imparerà a pescare.


[caption id="attachment_5182" align="alignleft" width="81"]La dottoressa Elena Lorenzini Elena Lorenzini[/caption] Per maggiori informazioni: Psicologa – Elena Lorenzini – 329. 0117588 – elena.lorenzini@alice.it]]>

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