Redazione. La chiave non è più nella toppa: rimettiamocela.

La chiave non è più nella toppa, ma l’Amiata dovrà liberarsi. Prendo spunto da alcuni fatti di cronaca accaduti a Piancastagnaio, che, come un orologio, han quasi scandito il tempo di una settimana davvero infausta, come quella appena trascorsa. Il centro amiatino sembra essere stato preso di mira da manigoldi senza scrupoli, che si sono avventati con fame delinquenziale su alcune aziende del laborioso centro amiatino, incauti di sistemi di sicurezza e posizioni territoriali degli sfortunati colpiti. E così, negli ultimi anni, in altri centri dell’Amiata. Aziende produttrici, commerciali e di servizi; qualunque sia il tipo di attività non fa differenza. E questo per non toccare l’intimità dei torti e danni subiti dalle famiglie nelle proprie abitazioni. Quasi a divorare sacrifici e lavoro di uomini e donne, famiglie ed imprese, già di per se in difficoltà tra tasse, balzelli e crisi senza fine, questi personaggi (termine probabilmente eccessivo), continuano dunque a sfamare i loro istinti, ancor prima che primordiali, senza timore. Anzi, quasi a distribuirne in una corsa che li riporta nel tugurio di un’esistenza inutile. Quel che accade, così frequentemente da lasciare ogni volta attoniti negli ultimi anni, aumenterà, ai più, quel senso interiore tra “l’arrendersi e l’agire”, quasi a sentirsi colpevoli per non aver “protetto”, con sistemi avveniristici, quel che si possiede a vario titolo. Soprattutto quel che si è costruito negli anni, e, che sembra, non bastare mai a dispetto di persone che continuano a mietere “liberamente” dispiacere, dolore, danno, debito, quasi a creare quel disagio che porta alla sfiducia. Troppo spesso si sentono parole che tornano ad un passato migliore, dove si “lasciava la chiave nella toppa” e non c’era necessità di videocamere o quant’altro. Neanche di cani ed armi. E’ una società che è cambiata, e cambiata di corsa; troppo di corsa. Siamo a controllarci uno coll’altro quasi a non conoscerci più o far finta del contrario. Eppure, molti di noi, si “lasciava la chiave nella toppa”, anche quando tra i giovani c’erano pochi soldi e le droghe pesanti portavano al furto. Siamo convinti che le Istituzioni diano il massimo ogni giorno ed ogni notte dell’anno, per la tutela dei cittadini e dei loro beni. Se ogni centro dell’Amiata, può essere comunque ritenuto luogo “tranquillo”, quasi ideale per un nucleo familiare e un’impresa, è anche merito del lavoro di uomini e donne dello Stato, svolto tra difficoltà e “controsensi” legali. Ma questo non basta. La filosofia che “in altre parti si stia peggio” non è considerabile; è come dire “guardo al peggio e non al meglio”. Sempre più, sull’Amiata, compaiono iniziative a supporto della sicurezza che cerca nel cittadino la partecipazione; iniziative che dovranno essere sempre più spiegate e comprese. Ma non basta, non basta e non basterà fin quando l’uomo non ritroverà se stesso ed il coraggio di vivere senza esistenze meschine nel gesto vigliacco o, anche, in soluzioni qualunquiste. Bisogna riprendere la dignità attraverso la famiglia, l’etica, l’educazione, il rispetto, la fede, la morale e le vere istituzioni. Allontanarsi dalla formazione per l’uomo e per il lavoro, dall’arte e dalla cultura è chiudere a chiave per sempre una società già chiusa e schiava di se stessa. Dobbiamo rimettere “la chiave nella toppa” per sentirci ed essere liberi. Tutti. Chi non lo farà, avrà la propria, e la nostra, chiave in saccoccia; sarà schiavo del prossimo gesto vigliacco.]]>

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