Amiata. Floramiata: la rotazione di una settimana non accontenta i lavoratori di Floramiata

Amiatanews (M. Baccheschi): Piancastagnaio 20/11/2015 La richiesta di una settimana lavorativa è apparsa per alcuni un’offesa alla dignità dei lavoratori.

Delusione e rabbia per i lavoratori di Floramiata che giovedì mattina sono stati chiamati a lavoro per  una settimana in base al criterio  di  rotazione. Delusione, perché  hanno saputo che la settimana dal 19 al 27 di novembre sarà la prima e l’ultima per loro che dalla “sospensione” avvenuta con la dichiarazione di fallimento dell’azienda (9 ottobre 2015)  fino al 18 dicembre non verranno più chiamati (dal 30 novembre al 18 dicembre, infatti, è già previsto  il rientro dei settanta lavoratori circa scelti a prestare  la loro opera durante l’esercizio provvisorio). Rabbia, perché delle  grandi conquiste sbandierate dai propri referenti sindacali – la cassa integrazione in deroga e la “rotazione” che doveva consentire a tutti di effettuare giornate lavorative – al momento non resta che un pugno di mosche. A invelenire gli animi, però, è stata soprattutto la “beffa” della rotazione. La richiesta di una settimana lavorativa è apparsa addirittura offensiva. Una offesa alla dignità dei lavoratori. La “rotazione” era stata sollecitata soprattutto per permettere ai dipendenti in maggiore difficoltà (i capifamiglia monoreddito, per esempio) di effettuare un certo carico di ore  lavorative. E, invece, a meno che non arrivino buone nuove (c’è difficoltà anche a essere tempestivamente informati su quanto sta accadendo), gli hanno concesso il “contentino” di una settimana e poi tutti a casa, per lasciare il posto a quanti – così vengono definiti –  sono “amici degli amici”. Tra di loro si conoscono bene e sanno quali sono le situazioni familiari più serie, se non drammatiche. Hanno visto adulti piangere disperati, come viti tagliate, al solo pensiero di dover mandare avanti, senza una paga, famiglie con marito o moglie a carico e figli. Ma non solo. Per tutti è un problema vivere, senza uno stipendio da almeno tre mesi. L’ultima busta paga risale infatti a agosto. Ebbene, era forse giusto che il disagio venisse condiviso. E la rotazione tra lavoratori poteva essere il meccanismo giusto e appropriato. Quanto alla cassa integrazione, i lavoratori non sanno  ancora quando verrà loro retribuita. Sanno, però, che è trascorso circa  un mese da quando la regione si è resa disponibile a accoglierla e il curatore fallimentare si è deciso a richiederla. Perché tutto questo ritardo – si chiedono?

Fonti. Mariella Baccheschi – Corriere di Siena

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