Nutrirsi Bene: alimentazione e attività sportiva. L’approfondimento della Dottoressa Beatrice Giglioni, nutrizionista e biologa.
La società moderna impone alla maggioranza delle persone una vita spiccatamente sedentaria. Dedicarsi ad uno sport rappresenta spesso l’unica occasione, e certamente la migliore, per compiere un’attività fisica significativa. Per coloro che svolgono un’attività sportiva a livello dilettantistico e ricreativo, con l’unico scopo di stare meglio, l’alimentazione può rivestire un ruolo benefico di fondamentale importanza, al pari di quello che rappresenta per un atleta professionista, frequentemente e attentamente controllato. Tuttavia, l’approfondimento delle conoscenze specifiche non ha coinciso con una corretta divulgazione, raramente affidata a personale specializzato e più spesso demandata ai mass media e agli spot pubblicitari motivati solo da precise finalità commerciali, inoltre la sovrastima delle alchimie nutrizionali e la piena disponibilità ad attuarle, propria del mondo sportivo, ha favorito il diffondersi di diete e suggerimenti nutrizionali privi di legittimizzazione scientifica. E’ necessario pertanto rivedere alcuni concetti tradizionali, sfoltendo l’alimentazione degli sportivi da luoghi comuni e pregiudizi e dalla mitizzazione e dalla promozione pubblicitaria di singoli alimenti o di prodotti dietetici superflui.
Per la stragrande maggioranza degli sportivi non occorrono alimenti particolari né integratori dietetici, ma soltanto la normale alimentazione equilibrata e bilanciata in tutti i suoi nutrienti, con un particolare riguardo alla ripartizione in più pasti giornalieri in modo che l’attività fisica non coincida mai con l’impegno digestivo di un pasto tradizionale ma non si effettui neppure dopo troppe ore di digiuno.
Dato che non esistono diete miracolistiche per chi pratica un’attività sportiva, amatoriale o agonistica (salvo qualche eccezione), ma soltanto diete equilibrate o squilibrate, avremo come corollario che si può raggiungere l’optimum di efficienza fisica con le diete più diverse purché esse rispettino l’equilibrio e la sufficienza di tutti i nutrienti. La riprova pratica è che sul podio olimpico sono saliti e continueranno a salire atleti strettamente vegetariani o carnivori insieme ai più rispettosi osservanti della dietologia computerizzata e degli integratori dietetici. Tuttavia, è ben difficile, se non impossibile nell’attuale esasperazione dell’impegno sportivo, che possano primeggiare atleti che non hanno rispettato le normali ma fondamentali leggi della fisiologia nutrizionale. Se l’alimentazione non può aggiungere nulla al tetto delle potenzialità individuali, è altrettanto vero che può compromettere l’optimum della prestazione a causa di errori abituali od occasionali. I modi per realizzare una dieta completa ed equilibrata che garantisca il massimo rendimento possibile sono praticamente infiniti e la mitizzazione, ingenua o deliberata, del particolare alimento o della dieta misteriosa non ha motivazioni razionali.
Un apporto di energia adeguato rappresenta il requisito basilare alla base di ogni proposta di tipo nutrizionale e deve tener conto del dispendio energetico richiesto e della massa corporea del soggetto in esame. Per quanto riguarda la massa corporea abbiamo a disposizione indici (ad esempio l’Indice di Massa Corporea) e parametri (misure antropometriche) che permettono di darci un indicazione sulle caratteristiche morfologiche e sullo stato di nutrizione di un soggetto nonché della sua composizione corporea.
Fondamentalmente l’energia richiesta dal nostro organismo viene utilizzata per alcune attività fondamentali, quali il metabolismo basale, la termoregolazione, i processi di accrescimento o mantenimento ed e il lavoro muscolare, che possono incidere in modo più o meno massiccio sul fabbisogno totale.
Lo studio calorimetrico del dispendio energetico richiesto dalle singole discipline sportive fornisce delle indicazioni generali che appiattiscono la variabilità individuale, condizionata da età, sesso, taglia e composizione corporea, allenamento, “classe” (l’affinamento della gestualità comporta l’eliminazione dei movimenti parassiti e quindi riduce il costo energetico finale), stato di nutrizione, condizioni climatiche. In questo senso il riferimento delle tabelle è del tutto approssimativo e pecca generalmente in eccesso: se non altro perché il dispendio energetico andrebbe commisurato alla reale durata dello sforzo. Per questo motivo è frequente, per chi pratica sport a livello dilettantistico andare incontro ad un eccesso di introiti calorici da supervalutazione del reale fabbisogno.
Sport e dispendi energetici Kcal/min
Golf – 5,2
Ciclismo ricreativo – 5,9
Tennis da tavolo, pallavolo – 8,5
Nuoto ricreativo, tennis (doppio) – 9,1
Corsa campestre ricreativa – 10,4
Calcio – 11,7
Sci ricreativo – 12,0
Tennis (singolo) – 12,5
Pallamano – 13,7
Pallacanestro – 14,3
Sci agonistico – 21,5
Nuoto agonistico – 25,0
Ciclismo agonistico – 26
Riposo – 1,4
Gli esercizi fisici presentano diversità notevoli e possono così distinguersi:
quelli che richiedono singoli intensi sforzi (per sollevare o lanciare dei pesi, o imprimere velocità al corpo del soggetto): richiedono l’impegno di masse muscolari in tempi brevi, essenzialmente a spese delle riserve energetiche del muscolo; avvengono per lo più in metabolismo anaerobio assoluto;
esercizi che richiedono uno sforzo non molto prolungato, il cui risultato dipende in gran parte dall’impegno delle masse muscolari, ma che richiede altresì l’impegno delle riserve energetiche dell’organismo e molto spesso la contrazione di un debito di ossigeno (corse di mezzo fondo, alcuni esercizi di ginnastica)
sports che richiedono sforzi molto prolungati nel tempo, la cui riuscita dipende in gran parte dalle possibilità di rifornimento energetico del muscolo (corse di fondo, calcio, ciclismo, sci e nuoto)
La razione alimentare dello sportivo può considerarsi ragionevolmente equilibrata quando l’apporto calorico totale viene fornito per il 55% dai carboidrati, per il 30% circa dai lipidi e per il 15% circa dalle proteine.
I carboidrati svolgono soprattutto un azione energetica: la loro forma finale è rappresentata dal glucosio il quale se non utilizzato, viene immagazzinato in piccole quantità sottoforma di glicogeno epatico e muscolare, mentre la maggior parte subisce la trasformazione in lipidi e va ad incrementare le riserve adipose. Sono da preferire i carboidrati complessi (pasta, riso, legumi, ecc.) che stimolano una risposta insulinica inferiore a quella indotta dagli zuccheri semplici, con un ripristino più fisiologico delle riserve di glicogeno.
L’utilizzazione dei substrati è condizionata dall’intensità e dalla durata dell’esercizio: negli sforzi di breve durata e di intensità massimale viene metabolizzato il glucosio ottenuto dalle riserve di glicogeno; negli sforzi di durata maggiore e di intensità moderata vengono utilizzati prioritariamente gli acidi grassi.
I lipidi, come già accennato, dovrebbero rappresentare il 30% delle calorie totali introdotte con la dieta, di cui il 10% circa dovrebbe provenire dagli acidi grassi polinsaturi.
Le proteine sono l’elemento principale di costituzione della struttura dell’organismo ma presiedono numerose altre funzioni come la formazione della materia contrattile del muscolo (actina e miosina), la costituzione di ormoni, enzimi ed anticorpi, la trasformazione di energia chimica in lavoro e il trasporto dei gas respiratori.
Gli aminoacidi, unità strutturali delle proteine, sono suddivisi in essenziali, che non vengono prodotti dall’organismo e devono quindi essere introdotti dall’esterno, e non essenziali, che sono costruiti a partire da altre sostanza nutritive. Il valore biologico delle proteine deriva dalla quantità di aminoacidi essenziali presenti: i cibi proteici a più alto valore biologico sono quelli di origine animale. Per quanto riguarda la quantizzazione del fabbisogno di proteine, la maggioranza degli studiosi ritiene ingiustificato superare gli 1,2-1,5 g/kg/die (o comunque il 10-15% delle calorie totali); soltanto in certe condizioni questi valori potranno essere moderatamente aumentati (ad esempio nelle prime settimane di un impegnativo programma di potenziamento muscolare, in particolare nell’atletica pesante, nei soggetti più giovani in fase di accrescimento).
L’apporto di acqua è indispensabile alla vita, in misura maggiore dello stesso apporto energetico. Per uno sportivo l’apporto di acqua è più importante di qualsiasi altra proposta alimentare; il fabbisogno idrico è determinante in quanto anche disidratazioni percentualmente modeste (2-3%) sono in grado di condizionare il rendimento muscolare e di ridurre la resistenza alla fatica.
Durante l’esercizio fisico le perdite di liquidi aumentano con la necessità di termodispersione in misura significativamente maggiore di quanto desumibile dalla sudorazione e dalla sensazione di sete, generalmente tardiva e spesso inadeguata alle reali esigenze metaboliche. Lo squilibrio del bilancio idrico, conseguente alle forti perdite di sudore, può diventare molto pericoloso, in rapporto al preesistente grado di idratazione, all’intensità e alla durata dello sforzo. Pertanto è necessario organizzarsi preventivamente per poter bere ad intervalli regolari. Soltanto quando lo sforzo è prolungato (ad esempio nella maratona) può essere vantaggioso ricorrere ad un’addizione di zuccheri, ricordando però che un aggiunta eccessiva (di zuccheri o sali) rallenta lo svuotamento gastrico e quindi non affronta in tempo utile i problemi che si vogliono correggere o prevenire.
Anche per i principali elettroliti (sodio, potassio, cloro, magnesio), malgrado le campagne pubblicitarie, non occorrono supplementi particolari, se non per sforzi molto prolungati (maratona, ciclismo ecc): un’alimentazione variata è in grado di soddisfare sia i loro fabbisogni che la loro reintegrazione.
L’uso di sali minerali in corso di esercizio è certamente tardivo rispetto alla performance ed ha un significato di restaurazione, non diverso da quanto si potrebbe ottenere somministrando gli stessi prodotti a prestazione conclusa. Inoltre si può indurre un ritardo nello svuotamento gastrico e quindi nell’assorbimento dell’acqua ingerita. Non va poi dimenticato che un inutile eccesso di questi prodotti salini comporta dei problemi di eliminazione renale non sempre irrilevanti.
Una carenza di ferro con anemia è di frequente riscontro negli sportivi: tale patologia ha una genesi multifattoriale da ricollegare fra l’altro a microtraumi in determinati distretti, a perdite parafisiologiche (mestruazioni, sudore), ad aumento dei fabbisogni muscolari, a ridotti apporti. Esiste pertanto l’opportunità, soprattutto nel sesso femminile e negli sport che comportano microtraumi ripetuti, di aumentare l’introito di ferro e folati con la dieta. In genere un normale consumo di carne può fornire quanto basta alla prevenzione o alla correzione delle più comuni subcarenze.
Le vitamine intervengono come cofattori enzimatici e garantiscono la funzionalità dei sistemi energetici ma i fabbisogni sono in genere ampiamente coperti in coloro che praticano sport, perché gli atleti, introducendo elevate quantità di cibo, assumono anche maggiori quantitativi di vitamine.
I vegetali per il loro contenuto di vitamine, sali minerali e carboidrati rappresentano alimenti fondamentali per il mantenimento dell’equilibrio dell’organismo.
In termini pratici oltre la vecchia regola di far trascorrere almeno tre ore fra l’assunzione di un normale pasto e l’attività fisica le indicazioni nutrizionali per chi vuole praticare sport sono da ricondursi ad accorgimenti tecnici come la diversificazione della dieta del periodo di allenamento, la dieta del periodo di competizione, la dieta di recupero e comunque sempre rispettando le Linee guida elaborate dall’INN (Istituto Nazionale di Nutrizione).
Dott.ssa Beatrice Giglioni – Biologo Nutrizionista
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